Campagna elettorale: meno male che è finita
Lascia un commento1 giugno 2016 di Massimiliano Amato
Volge finalmente al termine una delle campagne elettorali più indecenti e volgari, ma non per questo meno noiosa – di quella noia che ti prende (ad esempio) davanti a un film porno dopo poche sequenze, degli ultimi venti-trent’anni. E’ stata indecente perché il Sistema ha usato tutti i mezzi, leciti e illeciti, per ribadire il suo potere. Il facente finzione (nessun refuso: finzione. Tutto lo è, in questa città) nonché aspirante sindaco di transizione (in pratica uno “scalda poltrona”) si è presentato dappertutto col fiero cipiglio di chi ha ottenuto l’investitura, sia pure a breve, dall’alto, e il ciuffo ribelle ormai incanutito. Una sorta di patetica “banana” rockabilly, divenuta ormai solo un’improbabile citazione degli spensierati anni giovanili. Quando sotto di essa c’era (o almeno così sembrava) un uomo libero, che pensava e agiva da tale (perlomeno pareva), perché quadro dirigente di un movimento di uomini liberi.
Occupazione militare di ogni spazio pubblico: la sua campagna elettorale è stata praticamente solo questo. A parte i battesimi, le cresime e i matrimoni (e forse nemmeno questi), non c’è stato evento nel quale non sia comparso all’improvviso, per ripetere la solita, trita, stancante rappresentazione della città bella e in crescita. Immagine falsa come una moneta da tre euro. E intanto i legittimi eredi al trono, pur privi di qualsiasi ruolo formale, si dividevano la città per sfere d’influenza. Arrivando a simulare una divaricazione, una rottura, che è pur essa funzionale alla dilatazione oltre ogni ragionevole limite spazio – temporale della dominazione familiare.
A fronte di tanta prepotenza, di così palesi manifestazioni di arroganza e protervia, gli avversari hanno pigolato come pulcini. Il solo candidato di Forza Italia, forse, facendosi uscire qualche decibel in più: ma quanti se ne sono accorti? Era, questa campagna elettorale, l’occasione per avviare una gigantesca (e senza sconti) riflessione sul Sistema, giunto al suo 23esimo anno di vita (ieri, l’anniversario dell’assurdo arresto del sindaco galantuomo Vincenzo Giordano: dal suo sacrificio, ancora misterioso e impunito, tutto prese le mosse, in quel tragico ‘93), e qualche tentativo c’è pure stato. Ma è rimasto circoscritto ad una sparuta quanto combattiva minoranza. Raccolta intorno ad una candidatura con ogni probabilità destinata ad essere di sola testimonianza.
La città, distratta, è stata sepolta di manifesti orrendi, esteticamente ributtanti, eticamente disgustosi. Segno prevalente: le braccia conserte. Simbolo di chiusura in se stessi, insegnano i manuali di psicologia e psicanalisi: quanto di peggio, in pratica, uno possa richiedere a un candidato al consiglio comunale. Si è divertito molto un collega bravo e intelligente, Gabriele Bojano, che con inconfondibile fiuto giornalistico ha creato, sulla propria bacheca di Facebook, una galleria degli orrori. Fornendo la migliore lettura e la narrazione più autentica e genuina dell’ontologica volgarità di questa campagna elettorale.
Probabilmente è mancato lo spirito guerriero, barricadero ai limiti dell’eversivo, dei Cinque Stelle. I principali sconfitti delle amministrative 2016, ancor prima che aprano i seggi. Il centrodestra ha fluttuato in un limbo indefinito, messo in una condizione di minorità politica e psicologica dalle proprie divisioni interne.
Se il candidato di Forza Italia ha provato un po’ a vivacizzare il dibattito a partire dai manifesti, sui quali un sapiente calembour che giocava con il nome del candidato facente finzione ha riproposto in maniera anche un po’ ruffiana e strumentale la vecchia e insuperata contrapposizione tra la città e il capoluogo di regione, quello di Fratelli d’Italia si è orgogliosamente mantenuto evanescente come un fantasma fino agli ultimi giorni. Mentre il rappresentante di Italia Futura, il movimento di Corrado Passera, da liberale giolittiano di antico stampo, ha fatto sfoggio di ottocentesco aplomb: come pretendere di andare con la mazzafionda contro i carrarmati.
Il processo di desertificazione della politica ha prodotto anche una candidatura di “movimento”, venuta fuori da una costola “eretica” dei Cinque stelle. Ma la sua è parsa più come una malriuscita scimmiottatura di quella che sarebbe stata la campagna elettorale dei grillini, che un tentativo serio e ragionato di mettere in difficoltà il predestinato alla vittoria. Soprattutto è mancata, anche in questo caso come in tutti gli altri, la dimensione della denuncia senza quartiere del Sistema. Come se per tirare fuori Salerno dal pantano morale, civile e politico in cui è precipitata, bastasse inforcare paletta e ramazza e ripulire le spiagge cittadine. I “marginali”, dall’estrema destra ex missina all’estremo centro dei neodemocristiani & difensori della sacralità della famiglia tradizionale, passando attraverso qualche candidatura più folkloristica che altro, non hanno inciso minimamente. E forse non volevano nemmeno.
Basta, sipario.