Il Natale de noantri
Lascia un commento3 dicembre 2014 di Massimiliano Amato
Le luminarie natalizie hanno scatenato, come ogni anno, la solita alluvione di cifre iperboliche. La linea del Piave del Comune, sul piano della propaganda, è stranota: sino alla fine di gennaio a Salerno arriveranno, secondo la vulgata di Palazzo di Città, due milioni e mezzo di visitatori. Un numero ripetuto ossessivamente, come un mantra; una “consegna” che, dal capo dell’amministrazione, ha raggiunto tutti i gangli della macchina municipale: se anche chiedeste lumi ad uno dei 50 nuovi vigili assunti per l’occasione, vi direbbe che c’è da benedire i 2 milioni e mezzo di visitatori attesi, perché grazie a loro riuscirà a lavorare per tre mesi. E anche chi di noi sa bene che si tratta di una fesseria sesquipedale (perché questo è: una “palla” bella e buona) non riesce del tutto a sottrarsi al potere seduttivo di quella che, sul piano comunicazionale, rappresenta in ogni caso una suggestione molto forte. Sicché, se interpellati da un forestiero, magari metteremmo le mani avanti dicendo che noi non ci crediamo, ma per un attimo saremmo lo stesso portati a ripetere quel numero (se non altro per dovere di cronaca, un po’ come si fa con i cortei e le manifestazioni sindacali: un milione per gli organizzatori, duecentomila secondo la Questura). Di fatto, agendo da moltiplicatori della fesseria. Ora, la “palla” si smonta facilmente. Qualcuno, sui social media, si è divertito a fare qualche calcolo. Due milioni e mezzo, divisi per i 90 giorni della kermesse, fanno 28mila presenze al dì, vale a dire 555 bus granturismo ogni giorno che il buon Dio manda sulla terra tra novembre e fine gennaio. Una roba inverosimile. Ma contro una tale grancassa, costruita oltretutto con i soldi dei contribuenti salernitani, c’è poco da combattere: si è comunque sopraffatti. E serve a poco pure sottolineare che, se fosse vero, il dato complessivo dei visitatori attratti dalle luminarie supererebbe di 100mila unità le presenze che mediamente fa registrare il Louvre nello stesso arco temporale (2,4 milioni a trimestre). Niente: il “messaggio” che passa è quello, e a contestarlo si passa per rosiconi, gufi, pinguini, fino al saccheggio completo dell’armamentario faunistico associato al vizio capitale dell’invidia. Peccato, però. Perché, a furia di raccontare frottole che anche un bambino di terza elementare sarebbe in grado di smascherare, passa assolutamente inosservato il vero senso dell’operazione – luminarie. Per come è andata definendosi negli ultimi anni, quelli della grande recessione economica che ha costretto i ceti medio – bassi, in specie quelli del Sud, ad un radicale cambio di abitudini e aspettative, la kermesse salernitana appare una originalissima operazione di redistribuzione, almeno sul piano immateriale delle occasioni e delle opportunità, in tempi di forte depressione dei consumi. Qualcosa che, in linea strettamente teorica, si colloca più o meno sullo stesso piano degli 80 euro in busta paga distribuiti dal governo Renzi. Pensateci bene: scimmiottando le vere “Luci d’Artista” (quelle di Torino, per intenderci, regolarmente certificate ad ogni installazione con notizie sugli artisti che espongono), le artigianalissime luminarie – quasi tutte un po’ pacchiane: ammetterlo non costa niente – prodotte in un capannone di Pomigliano d’Arco consentono, con pochissimi euro, a migliaia di persone di illudersi, anche solo per una serata, di non essere escluse dalla dinamica consumistico-godereccia del Natale occidentale. Giacché è consumo anche il viaggio di piacere, l’escursione, la visita. E l’operazione del Comune di Salerno è tanto più raffinata perché il livello estetico (artistico è parola troppo grossa) delle “installazioni” luminose è perfettamente commisurato al target che si vuole raggiungere. Vale a dire la famiglia media della poverissima provincia meridionale, spazzata via dalle mappe sociali dalla mancanza di lavoro e di prospettive e dall’erosione del reddito e di ogni certezza: come spiega bene l’ultimo, catastrofico, rapporto dello Svimez, reso noto a fine ottobre, che segnala come queste difficoltà incidano sempre più pesantemente sulla parabola demografica, tornata ai livelli del 1861. Se solo ci fermassimo a questa – realistica – notazione verrebbe da catalogare la “benemerita” Salerno tra le città che più creativamente hanno saputo fornire risposte alla grande crisi degli ultimi sei anni. Invece nuove fesserie sono in agguato, pronte a rovinare l’effetto. Quella del presunto “fatturato” che le luminarie produrrebbero per l’economia cittadina, per esempio. Venti milioni di euro. Un’altra iperbole che fa a cazzotti con il “target” individuato prima, come sanno bene i disperatissimi commercianti delle strade interessate dal fenomeno, che fumano nervosamente sull’uscio di negozi desolatamente vuoti mentre tutto intorno è il caos. Stretti tra le esagerazioni di regime che spacciano il rosolio della nonna per un triplo malto scozzese invecchiato in botte, e i disagi che sono costretti ad affrontare soprattutto nei week end, i salernitani aspettano che arrivi presto febbraio. Quando anche quest’altro “Natale de noantri” sarà finalmente passato. Lasciandosi dietro solo una malinconica scia di zucchero filato, mischiata all’unto delle tonnellate di patatine olandesi consumate.
MASSIMILIANO AMATO